Marie Bonaparte: la Principessa che salvò Sigmund Freud

Marie Bonaparte: la Principessa che salvò Sigmund Freud

Nacque il 2 luglio 1882. Ebbe un ruolo fondamentale nel salvataggio di Sigmund Freud dalla persecuzione nazista e per il suo trasferimento prima a Parigi e poi a Londra.
La “nipotina“ del grande Napoleone contribuì significativamente alla storia del Movimento psicoanalitico in Francia e nel mondo. Non possiamo dimenticare che dobbiamo a lei quell’immensa miniera di studio che sono le Lettere di Freud a Fliess. Fu lei a comperarle per 100 sterline (dell’epoca) dall’antiquario berlinese, rifugiatosi a Parigi, a cui erano state vendute dalla vedova di Fliess nel 1928; fu lei a resistere alle pressioni di Freud affinché le distruggesse, e fu ancora lei a salvarle durante la seconda guerra mondiale, e a permetterci di poter accedere ad un documento in cui si può studiare la psicoanalisi mentre si forma….
Il padre era il principe Roland Bonaparte, il cui nonno Lucien Bonaparte era il fratello di Napoleone 1°. La madre Marie Blanc era la figlia di François Blanc, il fondatore del Casinò di Montecarlo. Il padre portava la nobiltà e un nome famoso, la mamma il denaro.Un elemento, quest’ultimo che, assieme alle disponibilità economiche della principessa, fu decisivo nelle complesse operazioni che si resero necessarie per far uscire Freud, le sue preziose collezioni di antichità classiche, e quasi tutta la sua famiglia, dall’Austria.
Basti pensare che Freud non poteva pagare i 4884 dollari di cauzione che i nazisti avevano chiesto per lasciarlo espatriare e fu la Principessa ad anticiparli.”

Tratto da:
Micropsicoanalisi

L'inconscio

OSF - VOLUME OTTAVO (1915-1917)
METAPSICOLOGIA (1915)
L'inconscio
L'essenza del processo di rimozione non consiste nel sopprimere un'idea che rappresenta una pulsione, nell'annullarla, ma nell'impedirle di diventare cosciente. In questo caso diciamo che essa si trova in uno stato "inconscio", e possiamo produrre prove convincenti che dimostrano come essa possa esplicare degli effetti anche quando è inconscia, compresi certi effetti che alla fin fine raggiungono la coscienza.
Il rimosso non esaurisce tutta intera la sfera dell'inconscio. L'inconscio ha un'estensione più ampia; il rimosso è una parte dell'inconscio.
Possiamo conoscere l'inconscio solo dopo che si è trasformato o tradotto in qualcosa di conscio. 
1. La giustificazione dell'inconscio
Abbiamo parecchie prove dell'esistenza dell'inconscio. 
Nei sano non meno che nei malati si verificano spesso atti psichici che possono essere spiegati solo presupponendo altri atti che invece non sono testimoniati dalla coscienza. Atti del genere non sono solo le azioni mancate e i sogni delle persone sane, o tutto ciò che rientra nella denominazione di sintomo psichico. L'esperienza quotidiana ci fa constatare l'esistenza di idee improvvise di cui non conosciuano l'origine. Questoi atti coscienti restano slegati ed incomprensibili se ci ostiniamo a pretendere che ogni atto psichico che compare in noi debba essere sperimentato dalla coscienza; mentre si organizzano in una connessione sotensibile se li interpoliamo con gli atti inconsci di cui abbiamo ammesso l'esistenza.
Se si esige che tutto ciç che accade nella psiche debba per forza esser noto alla coscienza, si avanza in effetit una pretesa insostenibile.
Si può inoltre corroborare l'esistenza di uno stato psichico inconscio osservando come in ciascun momento la coscienza comprenda solo un contenuto assai limitato, talché la massima parte di quello che chiamiamo sapere cosciente deve comunquwe trovarsi per lunghissimi periodi id tempo in uno stato di latenza, e cioé di inconsapevolezza psichica. Qualcuno contesta che i ricordi latenti possano venire definiti psichici, ma l'obiezione si basa sull'arbitraria equiparazione dello psichico al cosciente. Tale equiparazione risulta peraltro inopportuna. Per ciò che si riferisce ai caratteri fisici,  gli stati latenti ci sono del tutto inaccessibili. D'altro lato è certo che essi hanno numerosissimi punti di contatto con i processi psichici coscienti; a patto di svolgere un certo lavoro, possiamo trasfmormarli e sostituirli con procesis coscienti; posiamo descriverli usando tutte le categorie che applichiamo agli atti psichici coscienti (rappresentazioni, tendenze, decisioni e così via). Di alcuni di questi stati latenti dobbiamo dire che si distinguono da quelli coscienti proprio soltanto per l'assenza della coscienza.
Del resto gli esperiment ipnotici, in particolare la suggestione post-ipnotica, hanno dimostrato con evidenza tangibile l'esistenza e il modo di operare dell'inconscio psichico già in un'epoca precedente all'avvento della psicoanalisi.
Così come siamo soliti immaginare che anche le altre persone si muovano per una loro coscienza, possiamo anche osservando noi stessi dire che tutti gli atti e le manifestazioni che osserviamo in noi e che non sappiamo come collegare con il resto della nostra vita psichica devono essere giudicati come se appartenessero a qualcun altro e dobbiamo trovare a loro spiegazione in una vita psichica attribuita a quest'altra persona.
L'esperienza mostra che sappiamo molto bene interpretare negli altri (e cioé inserirli nel contesto psichico) qyegli stessi atti a cui rifiutiamo invece di riconoscere l'esistenza psichica quand si tratta di noi stessi.



Volume settimo OSF (1912 - 1914)

L'interesse per la psicoanalisi da parte delle scienze non psicologiche (1913 -OSF)
A. L'interesse della linguistica
Per "lingua" non si deve intendere qui la pura espressione di pensieri in parole, ma anche il linguaggio gestuale e qualsiasi altro tipo di espressione di una attività psichica, come ad esempio la scrittura. 
Le interpretazioni della psicoanalisi sono innanzitutto traduzioni da una forma espressiva che ci è estranea in quella familiare al nostro modo di pensare. Quando interpretiamo un sogno, non facciamo altro che tradurre un determinato contenuto ideativo (i pensieri onirici latenti) dal "linguaggio del sogno" nella lingua della nostra vita vigile. In questo modo apprendiamo le peculiarità di questo linguaggio onirico e ricaviamo l'impressione che esso appartenga a un sistema espressivo molto arcaico.
Così per esempio nel linguaggio del sogno la negazione non viene mai indicata in modo particolare. Nel contenuto onirico i contrari stanno l'uno al posto dell'altro e sono raffigurati dallo stesso elemento. Nel linguaggio onirico i concetti sono ancora ambivalenti, riuniscono in sé significati opposti, come si verifica secondo le ipotesi dei glottologi nelle radici delle più antiche lingue storiche. Un altro sorprendente carattere del nostro linguaggio onirico è l'uso oltremodo requente di simboli che permettono in una certa misura  una traduzione del contenuto onirico.
Se pensiamo che i mezzi di raffigurazione del sogno sono principalmente immagini visive e non parole, il confronto del sogno con un sistema di scrittura ci apparirà ancor più apropriato che non quello con una lingua. In effetti l'interpretazione di un sogno è perfettamente analoga alla decifrazione di una antica lingua ideografica, per esempio die geroglifici egiziani.
Si può dire che il linguaggio onirico sia il modo di esprimersi dell'attività psichica inconscia, anche se poi l'inconscio non parla un unico dialetto. Ciò che un'isterica raffigura con il vomito, si manifesterà nell'ossessivo attraverso scrupolose misure di protezione contor un'infezione e indurrà il parafrenico a lamentarsi o a sospettare di essere avvelenato. Ciò che in questi casi trova espressione così varia è il desiderio di ingravidamento rimosso nell'inconscio, nonché la rispettiva difesa della persona malata contor di esso.

F. L'interesse dell'estetica
La psicoanalisi riconosce anche nell'esercizio dell'arte un attività che si propone di temperare desideri irrisolti. Le forze motrici dell'arte sono gli stessi conflitti irrisolti che spingono altri individui alla nevrosi e che hanno indotto la società a fondare le sue istituzioni.
L'artista persegue innanzitutto la propria liberazione e, comunicando con la sua opera, la trasmete ad altri che soffrono degli stessi desideri trattenuti. Egli rappresenta come appagate le sue fantasie di desiderio più personali, e queste divengono opera d'arte soltanto se vien loro impressa una forma di versa che mitighi l'aspetto urtante di questi desideri, ne celi l'origine personale, e offra a gli altri, rispettando le regole del bello, seducenti premi di piacere
In quanto realtà ammessa convenzionalmente, in cui grazie all'illusione artistica simboli e formazioni sostitutive possono suscitare autentici affetti, l'arte costituisce un regno intermedio tra la realtà che frustra i desideri e il mondo della fantasiache li appaga, un dominio in cui si direbbe siano rimaste in vigore le aspirazioni all'onnipotenza dell'umanità primitiva.
FREUD OPERE - VOLUME SESTO
1909 - 1912

Le prospettive future della terapia psicoanalitica - 1910
Il 30 e il 31 marzo 1910 si tenne a Norimberga il secondo Congresso internazionale di psicoanalisi.
F. aferma di attendersi ottimistici migliramenti delle prospettive della psicoanalisi per tre ordini di motivi: 1) un proigresos interno, 2) un aumento di autorità, 3) come conseguenza dell'effetto generale del lavoro degli analisti.
F. sottolinea i cambiamenti nella tecnica avvenuti. All'epoca della cura catartica ci si poneva come meta il chiarimento dei sintomi; quindi ci si distolse dai sintomi per porsi come meta la scoperta dei "complessi", ilfine lo sforzo è ora diretto verso il ritrovamento e il superamento delle "resistenze" confidando che i complessi compariranno senza difficoltà nonapena le restenza saranno riconosicute ed eliminate.
Si è inoltre acquisita la cosapevolezza della "controtraslazione" che insorge nel medico per influsso del paziente sui suoi sentimenti inconsci, non siamo lungi, scive F., dal pretendere che il medico debba riconoscere in sé questa traslazione e padronegiarla. Ogni analista procede esattamente fin dove glie lo consentono i suoi complessi e le sue resistenze interne ed è dunque necessario che egli inizi la sua attività id autoanalisi e la approfondisca continuamente (già due anni dopo in "Tecnica della psicoanalisi" (1912) F. sostiene la necessità di una analisi di addestramento).
 

Tecnica della psicoanalisi (1911-1912)
Consigli al medico nel trattamento psicoanalitico (1912)
a) Per ricordare tutti i dettagli di quanto emerge dalle sedute con i pazienti non occorre alcun espediente, persino quello di redigere appunti, la tecnica consiste nel non voler prendere nota di nulla in particolare e nel porgere a tutto ciò che ci capita di ascoltare la medesima "attenzione fluttuante". Infatti non appena ci si propone di mantener tesa la nostra attenzione a un determinato livello, si comincia anche ad operare una selezione del materiale offerto. Seguendo nella scelta le proprie aspettative, si corre il rischio di non trovare mai niente che non si sappia già. Il corrispettivo della "regola psicoanalitica fondamentale" per il medico è la seguente: si tenga lontano dalla propria attenzione qualsiasi influsso della coscienza e ci si abbandoni completamente alla propria "memoria inconscia", oppure, "si stia ad ascoltare e non ci si preoccupi di tenere a mente alcunché". Quelle componenti del materiale che già si iscrivono in un contesto saranno disponibili per il medico anche in modo cosciente; il resto, ancora sconnesso e disposto in caotica confusione, sembra in un primo tempo sommerso, ma afiora prontamente alla memoria appena l'analizzato produce qualcosa di nuovo con cui tale materiale può essere collegato e in cui possa prolungarsi.
b) Non prendere molti appunti durante le sedute. Mentre si trascrive o si stenografa, si opera necessariamente una deleteria selezione del materiale e si tiene impegnata una parte della propria attività mentale che dovrebbe essere meglio utilizzata nell'interpretazione di ciò che si è ascoltato.
c) Non è bene elaborare scientificamente un caso fintantoché il suo trattamento non è concluso.
d) F. raccomanda di prendere a modello durante il trattamento psicoanalitico il chirurgo. Il sentimento più pericoloso per lo psicoanalista è l'ambizione terapeutica di riuscire a fare qualche cosa che possa avere un effetto persuasivo su altre persone. Il chirurgo Ambroise Paréaveva come motto le parole "Io lo medicai, Dio lo guarì", l'analista dovrebbe accontentarsi di qualcosa di simile.
e) Tutte queste regole tendono a creare per il medico il corrispettivo della "regola psicoanalitica fondamentale" enunciata per l'analizzando. Il medico deve metersi in condizione di utilizzare tutto ciò che gli viene comunicato ai fini del riconoscimento del materiale inconscio, senza sostituire alla rinuncia di scelta da parte del malato una propria censura: egli deve rivolgere il proprio inconscio come un organo ricevente verso l'inconscio del malato che trasmette; deve disporsi rispetto all'analizzato come il ricevitore del telefonorispetto al microfono trasmittente. Come il ricevitore ritrasforma in onde sonore le oscillazioni elettriche della linea telefonica che erano state prodotte da onde sonore, così l'inconscio del medico è capace di ristabilire a partire dai derivati dell'inconscio che gli sono comunicati, questo stesso inconscio che ha determinato le associazioni dle malato. Ma se il medico deve essere in grado di servirsi in questo modo del suo inconscio come di uno strumento per l'analisi egli non deve tollerare in se stesso alcuna resistenza che allontani dalla sua coscienza ciò che è stato riconoscito dal suo inconscio. E' dunque necessario che il medico sia stato sottoposto a purificazione psicoanalitica e abbia acquisito nozione di quei complessi personali che sarebbero atti a disturbarlo nella comprensione di quanto gli viene offerto dall'analizzato. Ogni rimozione non risolta nel medico corrisponde a una "macchia cieca" nella sua percezione analitica.
f) Il medico deve essere opaco per l'analizzato e, come una lastra di specchio, deve mostrare solo ciò che gli viene mostrato.
g) Il medico non deve spingere il paziente in alcuna direzione. Deve lasciarsi guidare non tanto dai propri desideri quanto dalle capacità dell'analizzato.
h) Non è giusto porre dei compiti all'analizzato, atraverso un'attività mentale di tipo riflessivo, atraverso uno sforzo di volontà, non viene risolto nessuno degli enigmi della nevrosi; soltanto attraverso il paziente esercizio della regola psicoanalitica, che impone di eliminare la critica rivolta all'inconscio e alle sue propaggini si ottiene un risultato. Nemmeno la lettura degli scritti analitici è utile per gli analizzandi, sulla propria persona trarranno direttamente una conoscenza più ricca e più valida di quella che potrebbero ricavare da qualsiasi lettura.



Bibliografia:
OSF- Boringhieri